On. Commissione Tributaria
Provinciale di … …
RICORSO
(…)
Inesistenza di una “autonoma
organizzazione”. Mancanza di un presupposto essenziale per l’applicazione
dell’IRAP.
Il versamento dell’imposta effettuato dal ricorrente
risulta indebito in quanto manca – nel caso di specie – il requisito essenziale
della sussistenza di una “autonoma organizzazione”.
Va infatti rilevato che in base alla legge istitutiva del
particolare tributo (D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446), presupposto dell’imposta
è l’“esercizio abituale di un’attività
autonomamente organizzata diretta alla
produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi” (art.
2).
Dalla formula normativa risulta evidente che abitualità
ed esistenza di una autonoma organizzazione costituiscono entrambi
requisiti essenziali per l’applicazione dell’IRAP e pertanto che, in difetto di
tali elementi, l’imposta non è dovuta.
In specie, l’importanza del requisito rappresentato dalla
“autonoma organizzazione” risulta chiaramente già nella Legge 23 dicembre 1996,
n. 662, che – delegando il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per
l’istituzione dell’IRAP – fissa come principio del nuovo tributo la “applicazione (…) in relazione all'esercizio
di una attività organizzata” (art. 3, comma 144, lett. b).
Il riferimento all’organizzazione – previsto nella legge delega, ma
inizialmente omesso nel D.Lgs. n. 446/1997 – è stato successivamente inserito
con il D.Lgs. 10 aprile 1998, n. 137, contenente “disposizioni correttive del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446” (cfr. art. 1, comma 1).
La rilevanza essenziale del requisito dell’autonoma
organizzazione è stata peraltro ribadita anche dall’Amministrazione
finanziaria, secondo cui si pongono “al
di fuori dell’ambito di applicazione dell’imposta non solo le attività
meramente occasionali ma anche quelle che, pur potendosi astrattamente
ricondurre all’esercizio di
impresa (individuale), di arti e
professioni, non sono tuttavia esercitate mediante un’organizzazione
autonoma da parte del soggetto interessato” (Circolare 4 giugno 1998,
n. 141/E).
Circa i criteri per l’individuazione di una autonoma
organizzazione, è pacificamente riconosciuto che tale elemento sussiste nel
caso in cui – nello svolgimento dell’attività economica – la combinazione dei
fattori produttivi impiegati prevale rispetto all’apporto personale del
titolare dell’attività stessa.
In altri termini, l’organizzazione autonoma è configurabile
quando i fattori esterni (capitale, lavoro altrui, beni strumentali) svolgono
un ruolo principale ed essenziale nel processo produttivo, mentre il
titolare dell’attività svolge un ruolo di coordinamento e direzione delle
diverse componenti. Al contrario, non
sussiste autonomia della struttura organizzativa se l’attività svolta dal titolare
ha una funzione principale od esclusiva rispetto a questa.
La nozione di “autonoma organizzazione”, quindi, deve
essere interpretata secondo l’orientamento della dottrina prevalente (Galgano,
voce “Imprenditore” del Digesto delle
Discipline Privatistiche, Utet 1992, vol. VII, pag. 1; Genovese, “La nozione giuridica dell’imprenditore”,
Cedam 1990, pag. 24 e ss.; Polano, “Attività
commerciali e impresa nel diritto tributario”, Cedam 1984, pag. 67 e ss.), come
sussistenza di una struttura organizzativa – intesa come combinazione dei
fattori di produzione, quali capitale e lavoro – dotata di una propria capacità
produttiva.
Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’IRAP – secondo
quanto disposto dal decreto istitutivo dell’imposta – è necessario non il mero
esercizio di un’attività imprenditoriale o professionale, ma la presenza di una
“autonoma organizzazione” – come sopra specificata – attraverso la quale
l’attività stessa viene esercitata.
L’importanza di tale requisito è stata sottolineata anche
dalla Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 156 del 10 maggio 2001.
In particolare, la Corte ha affermato con chiarezza che “l'IRAP non è un'imposta sul reddito, bensì
un'imposta di carattere reale che colpisce (…) il valore aggiunto prodotto
dalle attività autonomamente organizzate. (…) L'assoggettamento
all'imposta in esame del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività
autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale,
è d'altro canto pienamente conforme ai principi di eguaglianza e di capacità
contributiva”. I giudici
costituzionali hanno inoltre rilevato che nel caso di un’attività “svolta in assenza di elementi di
organizzazione – il cui accertamento, in mancanza di specifiche
disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto – risulterà
mancante il presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive (…), con
la conseguente inapplicabilità dell'imposta stessa”.
L’accertamento della sussistenza di “elementi di organizzazione” nello svolgimento dell’attività
economica – ai fini dell’applicazione dell’IRAP – rappresenta una questione di
fatto, e pertanto, secondo la Corte Costituzionale, è un’attività delegata al
giudice di merito.
Nella sentenza n. 156/2001 citata, tale accertamento è
previsto espressamente per i lavoratori autonomi, in quanto “è possibile ipotizzare un’attività
professionale svolta in assenza di organizzazione di capitale o lavoro altrui”.
Tuttavia, è logico ritenere che questa interpretazione –
formulata dai giudici costituzionali per il lavoro autonomo – sia valida anche
con riferimento al caso della c.d. piccola impresa artigiana. E questo per una serie di ragioni:
(i) anzitutto, per il
rispetto del principio di uguaglianza, contenuto nell’art. 3 Cost.: in
specie, sia nell’attività professionale, sia nella piccola impresa (in
particolare artigiana), l’elemento personale è preminente rispetto
all’elemento organizzativo ai fini dello svolgimento dell’attività economica;
(ii) poi per i
positivi effetti in favore dell’impresa artigiana, in conformità al principio
di cui all’art. 45, comma 2, Cost., secondo cui “la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”;
(iii) infine, per la
sostanziale analogia tra la questione di legittimità costituzionale sollevata
per l’IRAP e quella concernente l’ILOR, decisa nel 1980. All’epoca, la Corte Costituzionale dichiarò
l’incostituzionalità dell’ILOR nel caso in cui l’imposta fosse applicata ai
redditi di lavoro autonomo non assimilabili ai redditi d’impresa, e cioè in
mancanza di una significativa componente patrimoniale nell’esercizio
dell’attività professionale (sentenza 26 marzo 1980, n. 42).
Successivamente, la Corte – chiamata a pronunciarsi sulla
pretesa illegittimità dell’applicazione dell’ILOR all’attività artigianale – ha
dichiarato che spetta ai singoli giudici tributari l’interpretazione delle
norme legislative vigenti, e quindi stabilire quando redditi “formalmente”
d’impresa – ai sensi della disciplina fiscale – siano in realtà assimilabili
ai redditi di lavoro autonomo (sentenza 14 aprile 1986, n. 87). In specie, la Corte ha riconosciuto la
correttezza di “quella giurisprudenza
tributaria, che ha collocato nell'ambito del lavoro autonomo, anziché
dell'impresa propriamente detta, il reddito prodotto per mezzo di attività
artigianali implicanti l'impiego di modesti capitali e dovuto all'impegno
personale dei contribuenti, senza presupporre alcuna organizzazione imprenditoriale”
(sent. n. 87, cit.).
Nel caso dell’ILOR, l’orientamento della giurisprudenza è
stato poi recepito dal legislatore, che ha espressamente escluso dall’imposta “i redditi d’impresa derivanti dall’esercizio
di attività (…) organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei familiari” (cfr. art. 9, comma 2, della
Legge 29 dicembre 1990, n. 408, che ha introdotto all’art. 115 del T.U.I.R. la
nuova lett. e-bis).
Sulla base di queste considerazioni, si deve dunque
ritenere che – ai fini dell’applicazione dell’IRAP – l’esistenza di una
autonoma organizzazione debba essere accertata in concreto anche con
riferimento al caso di “piccola impresa”.
In questo senso sono orientate tanto la dottrina (cfr.
Brighenti, “La Corte Costituzionale
esclude dall’Irap i professionisti «non organizzati»”, in Boll. Trib.
12/2001, pag. 893), quanto la giurisprudenza di merito.
In particolare, diverse Commissioni Tributarie hanno accolto i
ricorsi proposti dai contribuenti – aventi per oggetto l’istanza di rimborso dell’IRAP
indebitamente versata – nei casi in cui è stata accertata la mancanza di
un’autonoma organizzazione dei fattori di produzione da parte del ricorrente
(cfr. Comm. Trib. di primo grado di Trento, sentenza n. 101/01/01 del 2 ottobre
2001; Comm. Trib. Prov. di Piacenza, sentenza n. 49/4/01 dell’11 ottobre 2001;
Comm. Trib. Prov. di Aosta, sentenza n. 34/04/01 del 6 novembre 2001; Comm.
Trib. Prov. di Parma, le sentenze n. 64/05/01, 65/05/01 e 66/05/01 del 14
novembre 2001, n. 93/03/01 e 94/03/01 del 15 novembre 2001).
I giudici di primo grado hanno infatti affermato che “in assenza di una apprezzabile struttura
organizzativa, manca il presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive” e che non sussiste una “struttura organizzativa di rilievo” anche se il contribuente
possiede beni strumentali, purché di importo modesto (sentenza n. 93/03/01
della Comm. Trib. di Parma, cit.; sentenza n. 101/01/01, cit., della Comm.
Trib. di Trento).
L’insussistenza dell’autonoma organizzazione è stata
accertata anche nel caso di attività con un dipendente (cfr. sentenza n.
64/05/01, cit., della Comm. Trib. di Parma).
Inoltre, i giudici – accertando in concreto la mancanza di
autonoma organizzazione – hanno negato l’applicazione dell’IRAP anche nel caso
di redditi che, ai fini fiscali, sono classificati come “redditi
d’impresa”. Si tratta in particolare di
due decisioni relative ad un agente di commercio (sentenza n. 93/03/01, cit.) e
ad una S.n.c. artigiana tra due parrucchiere (sentenza n. 94/03/01, cit.).
In specie, con riferimento alla sentenza n. 94/03/01, i
giudici hanno rilevato che “in assenza di
una apprezzabile struttura organizzativa, manca il presupposto dell’imposta
regionale sulle attività produttive, in quanto il reddito delle parrucchiere
(…) dev’essere qualificato come reddito da lavoro professionale e non come
reddito d’impresa, nonostante la forma societaria della S.n.c., la quale è una
società fra due professioniste”.
Dalle sentenze citate, emerge dunque chiaramente che “il concetto di reddito d’impresa ai fini
IRAP non è ricollegabile sic et simpliciter a quello che ne dà il T.U.I.R., ma
va letto nel più ampio senso civilistico; e siccome sul piano civilistico,
l’organizzazione è elemento essenziale dell’impresa, se manca l’organizzazione,
non si ha impresa” (Giunta, “Decisiva
per la Snc l’assenza di dipendenti”,
in Il Sole 24 Ore del 20 novembre 2001).
Correttamente dunque – come nelle citate pronunce
giurisdizionali – verificata la mancanza di una autonoma organizzazione, è
stata dichiarata l’inapplicabilità dell’IRAP (per difetto del presupposto
impositivo), riconoscendo di conseguenza il diritto del contribuente al
rimborso di quanto indebitamente versato.
(…)
Per questi motivi
che codesta On. Commissione, respinta ogni contraria istanza,
eccezione e deduzione voglia dichiarare – in accoglimento del presente ricorso
– non dovuta l’IRAP versata, con la condanna della Amministrazione finanziaria
al rimborso a favore del ricorrente della somma di Lit. … …, con gli interessi
come per legge, ed alla rifusione delle spese, diritti ed onorari del presente
giudizio.